Lynch si accese una sigaretta seguitando
a guidare. Il rombo del motore era ormai insostenibile, e per coprirlo
aveva alzato il volume della radio. Solo che anche quest’ultima
stava diventando insopportabile.
Era molto stanco: erano cinque ore che guidava quel rottame attraverso
tutto il territorio ampiamente recintato delle Industrie Cockelberry
di Hakam ed era stufo di vedere quel deserto sempre uguale e soffocante,
ma se si fosse fermato avrebbe dovuto prolungare la sua permanenza
in quel posto più di quanto umanamente avrebbe potuto sopportare.
-Basta, sono veramente al limite, non ne posso più di queste
Cockelberry, mi hanno rotto ... -Si accese un’altra sigaretta:
ultimamente aveva un ritmo da locomotiva a vapore, non riusciva
a fermarsi. Forse era così perchè era stanco.Forse
aveva ragione il dottore ... Scosse la testa .
“Avete più sentito parlare di stress nervoso? Noi
no di certo: da quando abbiamo provato la Cockelpirina, non corriamo
più questo rischio ... ”
La radio sembrava leggere la sua cartella clinica, sembrava sapesse
che era l’ora delle pastiglie, così Lynch si tastò
la giacca e ne estrasse una scatoletta rossa e verde, i colori Cockelberry.
Tutti quelli come lui ne avevano una. La pastiglia era argentata,
ovoidale ed andava giù in un attimo.
Decise di sentirsi meglio.
“Bravi! Ora starete molto meglio ... Con la fantastica
Cockelpirina, vedrete la vita da tutta un’altra angolazione
... ”
-Già, sto meglio, ma non perchè me lo dici tu ...
-Borbottò, ed aprì il finestrino. L’aria era
calda e secca, carica di polvere. Lo richiuse velocemente imprecando.
Probabilmente anche l’aria ce l’aveva con lui, quella
era. Non potè sopprimere un colpo di tosse.
“Provate la Cockelmenta Ultrafredda: per la gola irritata
è il vero ed unico toccasana ... ”
Sbuffando, Lynch schiacciò l’interruttore della radio
con tanta veemenza che sortì l’effetto inverso: quella
maledetta macchinetta invece di spegnersi, si era bloccata su quella
stazione, e sembrava aver alzato perfino la voce.
-Non è possibile!!!!! -Gridò con tutto il fiato che
aveva ed assestò un preciso ma doloroso calcio all’apparecchio,
perdendo per un attimo il controllo della vettura.
“Traumi, contusioni? Niente paura, la pomata... ”
-Cockelberry!!!! -Esclamò Lynch al colmo dell’ira,
un ottava superiore alla voce dello spot. Poi, improvvisamente,
ebbe un’idea: il volume ... Il volume si poteva abbassare
a zero. Poteva buttarlo via quel potenziometro. Non avrebbe più
dovuto ascoltare quella serie ossessionante di pubblicità
che lo stava letteralmente perseguitando. Accostò il vecchio
Ford sul lato destro della strada, arrestandosi con un gran polverone.
Poi, con gesto quasi solenne, girò la manopola del volume
verso il numero 0 , verso la pace ed il silenzio.
In quel momento, a soli venti chilometri di distanza un’ altra
radio gracchiava un vecchio motivo di Nat King Cole. All’improvviso
si interruppe per fare un annuncio. No, non era uno spot pubblicitario...
“Attenzione. E’ in circolazione un pericoloso criminale
evaso questa mattina. E’ un uomo bianco, di età apparente
di circa trent’anni, fisico asciutto, alto un metro e ottanta,
capelli chiari. E’ autore di numerosi delitti. Si ritiene
che cerchi un’automobile per allontanarsi dalla zona.
Fate attenzione agli autostoppisti. Qualsiasi avvistamento sospetto,
deve essere segnalato alla polizia. Per l’amor di Dio, non
raccogliete nessuno per strada. Grazie”
Con la radio spenta, Lynch era finalmente in pace, a parte il rombo
assordante del motore, e si stava fumando la trentesima sigaretta
quando si rese conto che senza parlare con nessuno, dopo tanti chilometri
in solitudine, si sarebbe potuto addormentare. Fu perfino tentato
di riaccenderla, lo fece pure, ma bastò alzare un attimo
il volume per risentire quel maledetto ritornello dei “Tappi
per le orecchie Cockelberry, un oasi di benessere ... ”
Era irritatissimo. No, se avesse incontrato qualcuno, avrebbe rischiato
di investirlo, tanto era furente col mondo. E quella furia lo avrebbe
tenuto sveglio per ancora un’ora almeno.
Il sole stava calando,
sparando ovviamente i suoi ultimi raggi direttamente negli occhi
stanchi di Lynch, che proprio quella mattina si era seduto sugli
occhiali scuri.
-Non ho mai passato una giornata così infernale ... -Pensò
a voce alta. -Me ne fosse andata bene una!!! ... -
Così dicendo schiacciò il pedale dell’acceleratore
a tavoletta, come se con quel gesto avesse voluto schiacciare il
mondo intero e la vecchia Ford station wagon, ansimando, raggiunse
i centotrenta chilometri all’ora. Mantenne quel ritmo per
un po’, poi all’improvviso, preannunciato da un rumore
sordo e da un sibilo, una fumata bianca sbuffò dal cofano:
il radiatore non aveva retto alla pressione. Lynch imprecò
ancora accostando la vettura e si fermò. Il sole era una
mezza arancia sull’orizzonte, mentre le ultime nuvole di vapore
si alzavano al cielo.
Sconfitto, si passò una mano tra i capelli biondi e si appoggiò
allo schienale abbandonandosi totalmente.
Era stata veramente una giornata infernale: per fuggire dal carcere
di Hakam aveva dovuto eliminare due guardie, senza contare poi il
tizio che non gli voleva cedere la vecchia Ford ...
Improvvisamente le luci si accesero ed esplose un caloroso applauso:
-Lynch, coraggio ragazzo, è ora di andare a dormire ... -
Il giovane alzò gli occhi: era il solito vecchio Albert,
il suo custode.
-O.K. Al, ma è stato così bello ... Lo sai, Al, io
ero un evaso e ... -
-Lo so, ragazzo, lo so ... Ti ho ascoltato a lungo ... -
I due si allontanarono chiacchierando, alla testa di un eterogeneo
gruppo di persone in pigiama, lungo il corridoio fiocamente illuminato.
All’Istituto Cockelberry per Malattie Mentali di Hakam i sogni
ad occhi aperti di Lynch erano una vera attrazione.
Sì, una vera attrazione.